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国パルディの小部屋
4. Luigi, io vorrei ...
Luigi, io vorrei che tu e Timo ed io
fossimo presi per insegnamento
che svolgendosi nel dipartimento
dai prof. andasse al voler vostro e mio
Sì che non mancasse il tempo che il Dio
ci regalò per il divertimento
anzi non avendo mai ’l cangiamento
di star testardo crescesse il disio.
E il poeta di cazzo e Landolfi e poi
con quel che non mangiò mai la polenta
con noi ponesse il buono insegnatore
che sempre con variabile umore
a studiare i classici ci tenta
siccome io credo che faremo noi.
3. L'immondizia
Sempre caro mi fu questo camino
e questi fumi, che da tanta parte
di nostra immondizia lo schifo escludon
Ma sedendo e mirando, interminate
spazzature sparse, e sovrumani
casini, e profondissimo fetore
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non soffoca, e come gl'insetti
vedo balzar tra questi avanzi, io quello
infinito casino a questa vista
vo comparando: e mi sovvien camino
e gl'inceneritori, e la presente
sporcizia e l'odor suo. Così tra questa
immondizia s'annega il pensier mio
e il naufragar mi sporca in questo mare
2. L'incontro con De André
Sono ripartito per l'Italia. L’Italia che ho conosciuto per il soggiorno di dieci mesi quando ero a liceo e per la letteratura che studio da tre anni.
Mi ricordo di una frase pronunciata da un mio professore: c’è una Italia che i turisti non vedono, cioè la “vera Italia”. Un’Italia che forse io non conosco.
Alla fine di luglio sono arrivato a Malpensa. Quando arriviamo al centro di Milano, noi stranieri avvertiamo subito una sorta di confusione che si trova solo in Italia.
La straordinaria bellezza dei palazzi del centro storico crea uno strano contrasto con l’immondizia lasciata per strada senza scrupolo.
Ma non direi che l'atmosfera di Milano è uguale a quella che caratterizza in generale le città italiane anche se definisco entrambe “caotiche”.
Insomma Milano per me, questa come l'altra volta, è stata una città di passaggio e niente di più. Il giorno successivo sono partito e la sera ero già a Gargnano, un paesino sul lago di Garda.
A Gargnano mi aspettava un corso estivo di lingua e cultura italiana. Gli altri studenti del mio corso erano “turisti”. Ma nulla di male, i turisti sono sempre felici, la gente felice non mi da fastidio. Ma io, ero lì per scoprire la “vera Italia” e non per divertirmi di sera danzando al ritmo della musica salsa o di giorno in spiaggia ad abbronzandomi sotto il sole come gli altri studenti anche se, per i primi giorni, li ho seguiti.
La “vera Italia” l’ho trovata per caso o per il volere del destino grazie a una conferenza data da un professore dell’università di Milano. Lui ci ha presentato un (o il?) cantante di grande fama: Fabrizio de André. In realtà lo conoscevo prima di questa conferenza, ma non facendo caso ai testi delle sue canzoni l’avevo considerato come un qualsiasi altro cantante. Ma proprio come nel caso di Bob Dylan, una volta che mi sono reso conto dell’importanza del messaggio espresso dalle parole, mi sono innamorato delle sue canzoni.
I personaggi raccontati nelle sue canzoni sono spesso degli emarginati della società, (o delle prostitute come nella Canzone di Marinella, in Bocca di rosa o in Via del campo, ecc). Dalla sua descrizione della situazione italiana senza abbellimenti, una realtà che gli intellettuali (chiamati “vecchio professore” nella “città vecchia” ) forse preferirebbero nascondere, si può sentire la sua grande vicinanza alla gente disprezzata o abbandonata. La “compassione” che ho sentita nelle poesie di Baudelaire o nella voce roca di Bob Dylan.
Una frase pronunciata dal professore durante la conferenza mi suona ancora nelle orecchie : può darsi che la situazione difficile della società sia una delle cause per cui nasce l'Arte. E ovvio che i grandi cantautori come Dylan o De André avevano un forte messaggio da esprimere nei confronti della società e perciò hanno composto delle canzoni di protesta; senza le guerre degli anni ’50 e ’60 non ci sarebbe stato “Blowin” in the wind.
C’è una canzone giapponese degli anni 60-70 che inizia con la parola, “amico” che ci fa ricordare la canzone di Dylan (the answer, my friend...). Anche in Giappone dove si pensa che la gente rimanga zitta quando c’è qualcosa di brutto, ci sono stati dei cantautori. E anche loro hanno tentato di raccontare il vero Giappone. Ma sarà difficile dire se hanno avuto tanto influenza nella societa giapponese quanto ne hanno avut(a Dylan o De André nei loro paesi visto che i nomi di questi cantautori, come, ad esempio, OKABAYASHI NOBUYASU o TAKADA WATARU, sono quasi completamente sconosciuti al grosso pubblico.
Okabayashi, come Dylan, all’inizio cantava da solo accompagnato dalla sua chitarra acustica. Una volta in un concerto è salito sul palcoscenico con la chitarra elettrica accompagnato da una Band (gli Happy End, una delle più importanti della storia di Rock Giapponese), (e teneva). Ad un certo punto tutti hanno cominciato a fischiare, volendo intendere: “noi vogliamo una canzone di protesta cantata da solo con la chitarra acustica”. Questo celebre episodio dimostra che anche il pubblico faceva parte di questo movimento. I cantautori impegnati e la loro circostanza disegna la società ; questo fatto mi dà una grandissima motivazione per approfondire la mia conoscenza di De André.
1. Un breve diario
In una sera come tutte le altre
di colpo ho deciso di entrare nel mondo della letteratura italiana e di restarci.
Questi due o tre mesi di indecisione sono stati duri,
perché dovendo fare tante cose nello stesso tempo,
non mi sono potuto concentrare in nessun campo.
La mia vita dedicata alla letteratura occidentale fino ad ora
è come un fiume strettissimo la cui corrente è rapidissima.
Ma ora vedo la foce e il mare vastissimo.
Benché questa vastità spaventi, oso la navigazione nella speranza
che il naufragare in questo mare mi sia dolce.
In un giorno ordinario, scrivo questo breve diario
il moto della matita mia
disegna la via da prendere.
La gomma regalata dal mio amico
canella le mie inquietudini
perdendo la sua forma.
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